[…] la prima poesia di Chlebnikov della mia vita l’ho letta all’inizio degli anni Novanta nella biblioteca Guanda di Parma, e mi ricordo perfettamente che io ero lì, in piedi, davanti allo scaffale dei russi, e ho tirato giù un’antologia di Angelo Maria Ripellino, Poeti russi del Novecento, l’ho aperta e ho letto: «Quando stanno morendo, i cavalli respirano, quando stanno morendo, le erbe si seccano, quando stanno morendo, i soli si bruciano, quando stanno morendo, gli uomini cantano delle canzoni», e lì, ho ripetuto, io ho un udito buono, ma se avessi avuto un udito migliore, in quel momento, nel momento di quell’incontro con Chlebnkov, io avrei sentito il rumore degli scambi della mia vita che mi destinavano a un’altra direzione, lì è cambiata la mia vita, e noi, avevo detto a Torino, da quando siamo nati, che abbiamo cominciato a morire, noi facciamo quella cosa lì, che cantiamo delle canzoni.
[Paolo Nori, Chiudo la porta e urlo
Mondadori 2024, p. 172]