La banda del formaggio

Mi dispiaceva

Eco doppler, eco doppler transcranica, eco doppler cardiaca, raggi al collo, esami del sangue per il colesterolo, esami dell’urina, esami del sangue venoso, holter, due visite neurologiche, una visita cardiologica, risonanza magnetica con contrasto, avevo fatto tutto, e la maggior parte di questi esami ero dovuto andare una volta all’ospedale per farli e una volta per ritirare gli esiti, e se ci aggiungiamo un numero imprecisato di rilevazioni della pression, quello era un periodo che io, che eran degli anni che non andavo dal dottore, avevo recuperato, in quel mese e mezzo lì, tutto il tempo che avevo perso e per me, in quel mese e mezzo lì, curarmi era diventato un mestiere, come avere un part time, ero invecchiato, non c’era niente da fare, ero invecchiato, e così come, quando avevo quindici anni, qualsiasi giorno era buono per innamorarmi o, quando ne avevo trentatré e con la mamma di Daguntaj avevamo deciso di provare a fare un bambino, qualsiasi giorno era buono per generare un bambino, ecco, adesso, in quel mese e mezzo lì, avevo scoperto che qualsiasi giorno era buono per morire, e avevo l’impressione, non so come dire, che mi dispiaceva.

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Troppo lungo

Io, diversamente da Paride, a me prima di adesso non mi era mai venuto in mente, di scrivere un libro, un romanzo.
Invece Paride una volta mia veva confessato che lui avrebbe voluto scriverlo, un romanzo.
«Ce l’ho tutto in testa» mi aveva detto «per il momento ho scritto solo il titolo. Lo vuoi sapere?» mi aveva chiesto.
«Dimmelo» gli avevo detto io.
«Il modo che le cantanti americane cantano l’inno americano al superbowl, che sembra sempre che si stan per cagare addosso.
«È troppo lungo?» mi aveva chiesto.
«Eh» gli avevo detto io.

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