una nebbia impenetrabile

A voler considerare la lingua come una vecchia città con il suo intrico di vicoli e piazze, con quartieri dalla genesi remota, con rioni demoliti, risanati e di nuova costruzione, e con sobborghi che sempre più si estendono all’intorno, io potevo paragonarmi a un uomo che, dopo una lunga assenza, non si ritrova più in tale agglomerato, non sa più a cosa serva una fermata né cosa siano un cortile, un incrocio, un boulevard o un ponte. L’intera articolazione della lingua, l’ordine sintattico delle singole parti, la punteggiatura, le congiunzion e infne persino i nomi degli oggetti comuni, tutto era avvolto in una nebbia impenetrabile.


[W. G. Sebald, Austerlitz
trad. Ada Vigliani, Adelphi 2002, p. 137]