Weird everywhere

Da quando ho letto l’antologia The New Weird (di dieci anni fa!) e la relativa definizione/spiegazione di new weird di Jeff VanderMeer, vedo il new weird ovunque. O meglio, ho capito che il new weird non esiste e che in Italia (Europa?) si sovrappone col concetto di “fantastico” dove il fantastico è quasi sempre perturbante, anche nelle storie per bambini. Temo che il new weird nasca proprio dal problema americano di non riuscire a distanziare il fantastico dal fantasy così come è spesso inteso anche da noi. Rimane che il 90% della letteratura fantastica (e non!) ricade nel new weird, compresi i seguenti due romanzi che ho appena letto.

Apocalisse – Tiziano Sclavi
Questo, oltre che pienamente weird (come ogni cosa di Sclavi), è anche molto dentro a tematiche contemporanea: una natura che si ribella, persino le cose che si ribellano (prima di internet!). L’uomo viene cacciato dalla sua oasi (luogo delle vacanze) da tutto ciò che non è umano: animali, piante, fenomeni atmosferici, automobili, oggetti domestici, tutto. Essendo Sclavi, ovviamente la cacciata avviene in modo cruento e sottilmente inquietante, ma non senza ironia. La stessa ironia della coppia protagonista a cui rischia sempre di “staccarsi la maschera”. Siamo nel new weird fino al collo, ma siamo anche nel 1994 (che poi è una riedizione/rielaborazione di un romanzo a puntate pubblicato nel 1978 con altro nome – ecco, l’unica pecca è quel nome “Apocalisse” che secondo me stona, richiamando una direzione verticale che qui proprio non c’è (a meno che non ci sia dell’ironia anche nel titolo?), ma vabbè, perdonato).

Il giocatore – Le notti bianche – Sogno di un uomo ridicolo – La mite – Fëdor Dostoevskij
Ok, Dostoevskij non è propriamente weird, ma ogni suo romanzo è permeato di quell’inquietudine metafisica che sfiora l’horror, e poi Sogno di un uomo ridicolo cosa non è se non un viaggio di Lovecraft con la morale (e per questo purtroppo peggiore dei viaggi di Lovecraft)? Questi romanzi brevi però sono uno scalino sotto Le memorie del sottosuolo, anche se le pagine del giocatore che descrivono la febbre del gioco d’azzardo sono clamorose, così come la già citata tensione che pervade ogni pagina di Dostoevskij.
Altro appunto, slegato: in qualche modo i protagonisti rifiutati, esclusi dal mondo (specie quello femminile) e dalle sue moine, tipici di Dostoevskij come di altri grandi autori (i falliti di Svevo per dire, ma anche un Werther etc) mi fanno pensare in qualche modo ai meccanismi mentali del Forum dei brutti. Quanto sarebbe facile etichettare Le notti bianche come una storia di friendzone da manuale e così via? Quello che appunto fa la differenza è sempre quella ricerca altra, che oltrepassa il singolo accadimento, il singolo rapporto umano, quell’inquietudine che sfugge alle catalogazioni, diametralmente opposta alla facilità con cui menti più semplici si adagiano su etichette americanizzanti e comunità compiacenti.