“Ma allora,” ardii commentare, “siete ancora lontano dalla soluzione…”
“Ci sono vicinissimo,” disse Guglielmo, “ma non so a quale.”
“Quind non avete una sola risposta alle vostre domande?”
“Adso, se l’avessi insegnerei teologia a Parigi.”
“A Parigi hanno sempre la risposta vera?”
“Mai,” disse Guglielmo, “ma sono molto sicuri dei loro errori.”
“E voi,” dissi con infantile impertinenza, “non commettete mai errori?”
“Spesso, ” rispose. “Ma invece di concepirne uno solo ne immagino molti, così non divento schiavo di nessuno.”
Ebbi l’impressione che Guglielmo non fosse affatto interessato alla verità, che altro non è che l’adeguazione tra la cosa e l’intelletto. Egli invece si divertiva a immaginare quanti più possibili fosse possibile.
In quel momento, lo confesso, disperai del mio maestro e mi sorpresi a pensare: “Meno male che è arrivata l’inquisizione.”
[Umberto Eco, Il nome della rosa
Bompiani 1986, pp. 308-309]