Berlinale 65, il reportage: epilogo

È lunedì, o più precisamente Rosenmontag, l’ultimo giorno di Karnival.
A Berlino non si festeggia più da qualche anno, e posso anche immaginare perché. Non ne siamo troppo dispiaciuti. Salutiamo la padrona di casa, la corriera riparte da Berlino dopo pranzo.

Dopo sei ore e mezza arriviamo nella nostra Münster in tarda serata e ci ricordiamo cos’è davvero il Rosenmontag. Le strade sono piene di spazzatura, bottiglie rotte, gente travestita o devastata (possibilmente tutte e due le cose). Figuriamoci davanti alla stazione e nel centro, dove andiamo a prendere il bus che ci riporterà a casa. Passano grossi camion di spazzini, luci gialle nel buio, ma evidentemente è una lotta impari anche per l’efficienza tedesca, anche perché la devastazione è ancora in corso e non c’è niente che si possa fare per arrestarla. Incrociamo figure più vicine a zombie che a esseri umani, anche senza trucco, o asceti che pisciano in mezzo alla strada senza farsi troppi problemi. L’atmosfera in effetti è proprio quella del day after, ormai il virus si è diffuso, non c’è altro da fare che barricarsi in casa e tirare fuori i fucili.
Noi a casa ci arriviamo con calma, e niente fucili, solo ricordi.
Si chiude il sipario anche sulla mia trasferta.

epilogo

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