divagazioni

Nuove lingue per nuovi contesti

L’altro giorno, vedendo Parasite (il nuovo film di Bong Joon-Ho, capolavoro), ho fatto caso ai personaggi che ricorrevano all’inglese per frasi fatte (presumibilmente mutuate a loro volte da film) e contesti preconfezionati, come ad esempio i colloqui di lavoro.
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Il continuo ritorno

Non sono più emozionato come le prime volte che tornavo a camminare nella mia piccola città, ho iniziato ad accettare (e dare per scontata) la mia doppia (molteplice) cittadinanza.

Però continuo a vedere ancora (sempre di più) questi luoghi e queste persone con occhi estranei/stranieri. I vecchi in bici, col basco, con la pipa, che gesticolano borbottano esclamano, le donne al mercato, chine, basse, rumorose, i giovani dai lineamenti, barbe, capelli, visi, vestiti scuri, giacche sciarpe sciarpine scarpe ritagliate sulle persone, gli sguardi fin troppo espressivi e curiosi, le parole, così tante lasciate nell’aria, fra le persone, sovrapposte incerte abbozzate esclamate complici compunte cantate. I silenzi come segni di interpunzione, non come spazi infiniti.

Malditesta

Quando sto al buio, steso, con gli occhi chiusi, senza dormire, e sento i rumori dell’attività altrui, i passi, i clangori, i ticchettii, i fruscii, i bisbigli, le voci, le note, gli scontri, i cigolii, le collusioni, gli scatti, gli sfregamenti, i risciacqui, i tonfi, le cadute, mi sembra tutto troppo veloce e frenetico, ogni suono e gesto immaginato (gli stessi gesti che normalmente riproduco senza problemi e anche più veloci di quanto possa immaginare o sentire) mi fa venire la nausea e il mal di testa al solo pensiero.
Ma di solito, quando sto al buio, steso con gli occhi chiusi, senza dormire, è perché ho già la nusea e il mal di testa.