IRONIA. Quale personaggio ha ragione e quale torto? Emma Bovary è insopportabile? Oppure coraggiosa e commovente? Non c’è risposta. Il romanzo è l’arte ironica per definizione, il che significa: la sua «verità» è nascosta, non pronunciata e non pronunciabile. L’uomo desidera un’immagine semplificata del mondo dove il bene sia nettamente distinto dal male. Con l’eroismo donchisciottesco, il romanzo asseconda questa insopprimibile esigenza, svelandoci l’essenziale ambiguità delle cose umane. L’ironia non è la personale inclinazione di questo o di quello scrittore. Attiene al romanzo in quanto arte. L’ironia = il modo di far vedere l’ambiguità.
why
Why should we be saddened by the idea that this generation is deciding, consciously or unconsciously, not to reproduce the human race, as it is capable only of suffering or inflicting pain, torment and humiliation?
Why should we consider the becoming nothing of the human race a worse prospect than a continuation of all this horror and suffering?
l’unica voce reale della letteratura italiana
Si direbbe, Leopardi, l’unica voce reale della letteratura italiana, dopo Dante. È probabilmente più grande di Dante, perché egli – al cosiddetto reale – non crede più. La natura gli appare, nel suo aspetto usuale, inganno; il reale (di natura e uomo) distrutto. Così, la natura dei pensieri, unicamente la natura interiore dei sentimenti (e del sentimento di questa distruzione) si pone come reale.
definizione del diabolico
«A volte, ho l’impressione che anche le ombre prendano corpo, e anche il vento porti un cappello da prete. Ma non io, no, non io sono il diavolo».
«Né tu, né altri, ma solo la smodata capacità d’acquisto»
la fine è già e ancora qui
E, non so perché ma, mentre lo immagino, vedo i corridoi vuoti dei centri commerciali alle otto di sera, i neon dei parcheggi multipiano, le notifiche non lette del telefono, e sento che quelle sono le immagini dell’apocalisse che abbiamo smesso di notare perché fanno parte di noi, qui, ora, mentre attraversiamo le nostre giornate credendo di vivere prima della fine quando invece la fine è già e ancora qui.
inesperienza
INESPERIENZA. Il primo titolo dell’Insostenibile leggerezza dell’essere: «Il pianeta dell’inesperienza». L’inesperienza come qualità della condizione umana. Nasciamo una volta per tutte e non potremo mai ricominciare un’altra vita con le esperienze della vita precedente. Usciamo dall’infanzia senza sapere che cos’è la giovinezza, ci sposiamo senza sapere cosa vuol dire essere sposati, e persino quando entriamo nella vecchiaia non sappiamo dove stiamo andando: i vecchi sono bambini ignari della loro vecchiaia. Da questo punto di vista, la terra dell’uomo è il pianeta dell’inesperienza.
non esiste un criterio
Amare il deserto, amare l’azzurro del mare, amare il candore delle navi, mi pareva possibile. Amare la gente, invece, mi pareva più arduo. Detestarla, no, d’accordo. Ma proprio amarla, quella gente che si muove, parla, si agita, fa rumore, esige, desidera, muore. Mi sembrava piuttosto comico. Qual è lo scopo del desiderio? Qual è lo scopo dell’odio, del massacro o anche solo della conversazione? Ci trasciniamo nell’inspiegabile. Aspettare. Avere fiducia. Con il cuore pieno di amore. Esistevano, i cuori. No, non avevo paura. Non era la paura a impedire, a bloccare il mio slancio. E poi, anche se avessi avuto paura. È umana, la paura. “È umana, è umana” e scoppiai a ridere. La parola “umana” mi faceva morire dal ridere. Per decidere se avere paura o meno, non esiste un criterio.
sotto altre macerie
Povera Lucienne, a credere che in altre condizioni avremmo potuto farcela. Non ci sono condizioni oggettive. Ho mai sentito un fuoco ardente covare sotto la brace? Macché… Ho un bell’interrogare il mio animo, sondarlo, non vi scopro nessuna vibrazione profonda. Negli spazi grigi della mia interiorità, ci sono soltanto macerie, sotto altre macerie, sotto altre macerie. Ma se ci sono le macerie, forse una volta c’è stato un tempio, colonne luminose, un altare ardente? È solo una supposizione. Forse non c’è mai stato altro che il caos.
la voce che non comanda
[Orfeo e Narciso] non sono diventati gli eroi civilizzatori del mondo occidentale – la loro è una immagine di gioia e di compimento: la voce che non comanda ma canta; il gesto che offre e riceve; l’azione che è pace e che conclude il lavoro di conquista; la liberazione dal tempo, che unisce l’uomo al dio, l’omo alla natura. La letteratura ha conservato la loro immagine.
un livello di vita sempre più alto
Che la liberazione sia condizionata da un livello di vita sempre più alto, è un argomento che serve con troppa facilità a giustificare la perpetuazione della repressione. Determinare il livello di vita in termini di automobili, apparecchi televisivi, aeroplani e trattori, è tipico del principio di prestazione stesso.