e’ rest

l’elemento più importante

Perché e come si diffondono, diventano popolari, le nuove concezioni del mondo? […] La forma razionale, logicamente coerente, la completezza del ragionamento che non trascura nessun argomento positivo o negativo di un qualche peso, ha la sua importanza, ma è ben lontana dall’essere decisiva; essa può essere decisiva in via subordinata, quando la persona data è già in condizioni di crisi intellettuale, ondeggia tra il vecchio e il nuovo, ha perduto la fede nel vecchio e ancora non si è decisa per il nuovo ecc. […] Si può concludere che il processo di diffusione delle concezioni nuove avviene per ragioni politiche, cioè in ultima istanza sociali, ma che l’elemento formale, della logica coerenza, l’elemento autoritativo e l’elemento organizzativo hanno in questo processo una funzione molto grande subito dopo che l’orientamento generale è avvenuto, sia nei singoli individui che in gruppi numerosi. Da ciò si conclude però che nelle masse in quanto tali la filosofia non può essere vissuta che come una fede. Si immagini del resto la posizione intellettuale di un uomo del popolo; egli si è formato delle opinioni, delle convinzioni, dei criteri di discriminazione e delle norme di condotta. Ogni sostenitore di un punto di vista contrastante al suo, in quanto è intellettualmente superiore, sa argomentare le sue ragioni meglio di lui, lo mette in scacco logicamente ecc.; dovrebbe perciò l’uomo del popolo mutare le sue convinzioni? Perché nell’immediata discussione non sa farsi valere? Ma allora gli potrebbe capitare di dover mutare una volta al giorno cioè ogni volta che incontra un avversario ideologico intellettualmente superiore. Su quali elementi si fonda dunque la sua filosofia? E specialmente la sua filosofia nella forma che per lui ha la maggiore importanza di norma di condotta? L’elemento più importante è indubbiamente di carattere non razionale, di fede. Ma in chi e in che cosa? Specialmente nel gruppo sociale al quale appartiene in quanto la pensa diffusamente come lui.

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tutto dipende

«Inesatto» è propriamente un rimprovero, ed «esatto» una lode. E questo vuol dire: ciò che è inesatto non raggunge il suo scopo così perfettamente come ciò che è più esatto. Dunque tutto dipende da cosa chiamiamo «lo scopo».

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l’esperantismo filosofico

Esperanto filosofico e scientifico. Dal non comprendere la storicità dei linguaggi e quindi delle filosofie, delle ideologie e delle opinioni scientifiche consegue la tendenza, che è propria di tutte le forme di pensiero (ache di quelle idealistico-storicistiche) a costruire se stesse come un esperanto o voalpük della filosofia e della scienza. […] L’esperantismo filosofico è specialmente radicato nelle concezioni positivistiche e naturalistiche. […] La logica e la metodologia generale vengono concepite come esistenti in sé e per sé, come formule matematiche, astratte dal pensiero concreto e dalle concrete scienze particolari (così come si suppone che la lingua esista nel vocabolari e nelle grammatiche, la tecnica fuori del lavoro e dell’attività concreta ecc.).

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l’oggettività della realtà

Vedi, fratellino, le persone come Alfio e Mauro e Lalla sostengono che non esista una realtà oggettiva. Per queste persone “le parole” definiscono la realtà. Non esiste realtà se non attraverso “le parole” che la definiscono. Mi sono ripetuto, ma era per farti capire meglio, visto che ultimamente (scusa se te lo dico) non sembri molto lucido.
Per questo non mi stupisce che quelle tue tre parole siano state sufficienti per “ridefinirti” ai loro occhi. Purtroppo, adesso, sarà molto difficile, per te, ristabilire una qualche “verità” sul tuo conto perché, per queste persone (che solitamente sono tutte benestanti) lo stesso termine: “verità”, è un vero e proprio taboo. Ho sottolineato il loro essere benestanti perché quando sei povero, invece, l’oggettività della realtà ti si schianta in faccia come un camion contromano.

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andarsene così

Sarebbe splendido
Amare veramente
Riuscire a farcela
E non pentirsi mai
Non è impossibile pensare un altro mondo
Durante notti di paura e di dolore
Assomigliare a lucertole nel sole
Amare come Dio
Usarne le parole

Sarebbe comodo
Andarsene per sempre
Andarsene da qui
Andarsene così

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just keep rolling

One last stop before my final destination
We slow into a tunnel and arrive
All is quiet, there’s no one around
Not a soul, not one thing alive
There’s a statue on the concourse
An old father of the town
A paragon of virtue with cold eyes
He turns those eyes to me and sadly asserts
“The sinner’s life decides his demise”
And then the lights are cut, the station turns black
And once again a face is all I see
I study its creases, the crow’s feet and laugh lines
I’m not even sure that it’s me

Keep on rolling
Just keep rolling
Now I must be gone

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non ha alcuna importanza

Oramai la discesa è terminata, i ‘fo di pe’ non sono più con me, non so se sono più avanti o no, non ha alcuna importanza.
[…]
Per questi 13 chilometri potrebbe servire un’ora e mezza, forse di più. Già, che ore sono?
Non lo so.
Non importa.
[…]
Volgo lo sguado a sinistra, mezzanotte e quaranta. Perbacco, si può arivare prima delle due.
Non ha alcuna importanza.

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decostruire l’opposizione è rovesciare la gerarchia

Prendere in considerazione tale necessità è riconoscere che in un’opposizione filosofica classica non abbiamo a che fare con la coesistenza pacifica di un vis-à-vis, ma con una gerarchia violenta. Uno dei due termini comanda l’altro (assiologicamente, logicamente, ecc.), sta più in alto. Decostruire l’opposizione è, anzitutto, ad un certo punto, rovesciare la gerarchia. Trascurare questa fase di rovesciamento è dimenticare la struttura conflittuale e subordinante dell’opposizione. È, dunque, passare troppo velocemente, senza mantenere alcuna presa sull’opposizione anteriore, ad una neutralizzazione che, in pratica, lascerebbe il campo anteriore tale e quale, e si priverebbe di ogni mezzo per intervenirvi a tutti gli effetti. Si conoscono da sempre gli effetti pratici (in particolare politici) dei passaggi che saltano immediatamente al di là delle opposizioni, e delle proteste nella forma semplice del né/né.

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la teoria non può essere la premessa dell’azione

Anche in questo caso il discorso si fa politico non perché descrive una struttura, ma perché disegna un’alternativa. Un’ipotesi concreta, capace di parlare non solo agli attivisti ma anche ai cittadini, ai lavoratori, a chi subisce la crisi climatica senza strumenti per interpretarla. La teoria non può più essere la premessa dell’azione: deve essere la sua eco. E proprio come un’eco, portare con sé la memoria del gesto e allo stesso tempo la sua trasformazione. È un gesto che si riflette, si moltiplica, si adatta ai contorni di chi ascolta.

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