Appunti su Napoli

Promemoria (per la prossima volta).

La cosa più importante: il cibo
Prima regola: diffidare da ogni ristorante col buttadentro: se ne ha bisogno non è un buon segno (vedi anche la famosa Pizzeria del Presidente, nonostante una bufala da impazzire di bontà).
Seconda: la pizza fritta di zia Esterina va mangiata assolutamente.
Terzo: i fritti de La passione di Sofì invece mh, delusione dell’anno; i fiori di zucca ripieni probabilmente la cosa meglio.
Quattro: Leopoldo Infante (con tutte le sue variazioni/combinazioni possibili e immaginabili) ok ma anche meno -> va bene per la pasta da portare via, non per il te/caffè/cappuccino da bere al tavolo ($$$).
Cinquo: per fare la spesa evitare i supermercati più piccoli, pena cura di Oki fino al giorno dopo.
Seo: non so ancora scegliere fra la sfogliatella riccia e la frolla, ma calde ne mangerei fino a scoppiare (quasi fatto).
7o: ricotta everywhere!

I quartieri
Centro storico: piacevole, non fosse per quel centinaio di soldati dell’esercito di troppo che pattugliano le vie principali. Ideale per mangiare e comprare libri.
Vomero: scickeria raggiungibile con la funivia o con un bel po’ di gradini.
Chiaia: ancora più scickeria.
Rione Stella: ecco, qui quasi si rimpiangono i soldati, anche se poi l’unica baby gang che mi ha approcciato non mi ha fatto niente, meglio così.
Positano: non è un quartiere, arrivarci è una mezza odissea, ma vale abbastanza la pena; anche qui vale la regola di Leopoldo: cibo (pesce) buono ma $$$.

I castelli
1. Castel Sant’Elmo
2. Castel dell’Ovo
3. Maschio Angioino

Nota di colore
Nella Napoli sotterranea (occhio a non farsi fregare coi biglietti) ho affrontato di petto la mia claustrofobia, infilandomi dove mai avrei creduto. Ne è valsa la pena.

Conclusioni
Il problema più grande di Napoli non è la spazzatura ma i motorini, tanto più in presenza della metropolitana più bella del mondo (non lo dico io). Al ritorno a Berlino, di fronte all’unico ingresso e ai muri scrostati di Birkenstraße m’è preso male.

Bonus