L’illuminismo è l’angoscia mitica radicalizzata. La pura immanenza positivistica, che è il suo ultimo prodotto, non è che un tabù per così dire universale. Non ha da esserci più nulla fuori, poiché la semplice idea di un fuori è la fonte genuina dell’angoscia.
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nello stato ingiusto
Mentre il singolo sparisce davanti all’apparato che serve, è rifornito da esso meglio di quanto non sia mai stato. Nello stato ingiusto l’impotenza e la dirigibilità della massa cresce con la quantità di beni che le viene assegnata.
comico
COMICO. Offrendoci la bella illusione della grandezza umana, il tragico ci consola. Il comico è più crudele: ci rivela brutalmente l’insignificanza di tutto. Suppongo che tutte le cose umane abbiano un aspetto comico, che in certi casi è di solito noto, ammesso, sfruttato, in altri casi velato. I veri genii del comico non sono quelli che ci fanno ridere di più, ma quelli che svelano il lato ignoto del comico.
la fantasia continua a galoppare
[…] la fantasia continua a galoppare, il mondo andrà in pezzi, noi tutti andremo in rovina, tutte le nostre menti si spegneranno, senza alcun scopo e definitivamente.
a questo servono le opere d’arte
L’arte ha il dovere sociale di dare sfogo alle angosce della propria epoca. Un artista che non ha accolto nel fondo del suo cuore il cuore della propria epoca, l’artista che ignora d’essere un capro espiatorio, e che il suo dovere è di calamitare, di attirare, di far ricadere su di sé le collere erranti dell’epoca per scaricarla del suo malessere psicologico, non è un artista. Come gli uomini, anche le epoche hanno un inconscio. E quelle oscure parti dell’ombra di cui parla Shakespeare hanno una vita, una propria vita che bisogna estinguere. A questo servono le opere d’arte.
opporre resistenza alle forze riduttrici
Se un romanzo (una poesia, un film) è un contenuto immesso in una forma, non è che un messaggio ideologico mascherato: il suo carattere estetico si dissolve. La lettura ideologica di un romanzo (proprio quella che ci viene proposta di continuo e ovunque) ottiene l’effetto di semplificare, istupidire e appiattire almeno quanto la riduzione a ideologia della realtà stessa. Insistere sulla specificità dell’arte risponde dunque alla volontà non di sfuggire alla realtà, ma, al contrario, di vedere in un albero un albero, in un quadro un quadro; di opporre resistenza alle forze riduttrici che mutilano l’uomo e l’arte.
un altro sguardo
Ho spesso l’impressione che la cultura europea a tutti nota ne occulti un’altra ignota, quella delle piccole nazioni dalle lingue strane, quella dei polacchi, dei cechi, dei catalani, dei danesi. Si presume che i piccoli imitano di necessità i grandi. È un’illusione. In realtà sono molto diversi. Il punto di vista di un piccolo non è lo stesso di un grande. L’Europa delle piccole nazioni è un’altra Europa, con un altro sguardo, e il suo pensiero rappresenta spesso il vero contrappunto all’Europa dei grandi.
[…]
Un ebreo o un ceco non sono inclini a identificarsi con la Storia, a cogliere nei suoi spettacoli serietà e senso. Un’esperienza immemoriale li ha dissuasi dal venerare questa Dea, dall’elogiarne la saggezza. Meglio protetta contro la demagogia della speranza, l’Europa dei piccoli ha potuto così vedere il futuro più lucidamente dell’Europa delle grandi nazioni, sempre pronte a inebriarsi della loro gloriosa missione storica.
imagine si ceci
imagine si ceci
un jour ceci
un beau jour
imagine
si un jour
un beau jour ceci
cessait
imagineimmagina se questo
un giorno questo
un bel giorno
immagina
se un giorno
un bel giorno questo
cessasse
immagina
par gnént
[…]
a pòs zcòrr, a l so, sa li,
ch’a zcòrr, a zcurémm spèss,
zcòrr si mórt u s’impèra tènt ‘d cal robi,
ènch’ s’i sta zétt, che t zcòrr sno tè, t zcòrr, t zcòrr,
e ta t’incórz ch’i à sémpra rasòun lòu,
t’impèr dò t’é sbaiè, quèll che t si stè,
ta t vàid mèi, ta t cnòss dréinta, quèll t’é fat
che ta n l’évi da fè,
quèll che t’évi da fè e ta nl’é fat,
sno che ormai, ‘s’ut, adès ormai,
dal vólti,
ch’a so lè, svégg, te lèt, u m vén da déie,
da réid insén: ò imparè tótt par gnént.