senza fine

La morte non è evento della vita. La morte non si vive.
Se, per eternità, s’intende non infinita durata nel tempo, ma intemporalità, vive eterno colui che vive nel presente.
La nostra vita è così senza fine, come il nostro campo visivo è senza limiti.

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paradossale

È paradossale, afferma Dewey in Individualismo vecchio e nuovo (1930), che le stesse forze politiche e ideologiche che hanno contribuito alla costruzione di un sistema di potere economico che ha distrutto la vita di milioni di persone, si ergano a difesa dell’«individuo» contro le ingerenze del «sociale».

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rimozione della morte

Il divenir nulla rimane impensato nella cultura moderna, pur essendo il processo che meglio ci permette di comprendere la potenza della coscienza: potenza di porre in essere il mondo per un soggetto cosciente, e potenza di annientare il mondo per un soggetto cosciente.

Eppure questo divenire è ignorato dal pensiero e dalla pratica, nella sfera della civiltà occidentale. Perché?

Essais sur l’histoire de la mort en Occident, di Philip Ariès, è un libro sulle ragioni per cui nella sfera culturale dell’occidente – particolarmente nella sfera culturale bianca protestante, quel divenire non può essere pensato: una società che premia soltanto chi vince identifica la morte con una sconfitta inammissibile.

Rimozione della morte: la civiltà bianca occidentale non può concettualizzare quell’evento perché incompatibile con la proiezione di un futuro di espansione illimitata, che è l’anima della colonizzazione bianca del mondo.

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ancora e sempre

vorrei ritrovare la strada, vorrei rifugirami nel giardino di Sz., sotto gli abeti e i platani, nel padigliione per ossigenarsi, dietro al campo da tennis trascurato, nelle vicinanze della piscina in disuso, tra i cespugli di noccioli, vicino agli arbusti di crespino, al sentiero cosparso di ghiaia, al prato macchiato di luce, alla felicità di passeggiate e soste comuni, di partenze senza meta e arresti, di chiacchierate e silenzi significativi, di incertezze e decisioni schiette, di attese e compimenti preziosi, di unioni interne e separazioni esterne, ma inutilmente procedo a tentoni e cerco tra le spine delle delusioni, tra le foglie d’ortica delle rinunce, inutilmente il sangue mi sgorga dalle mani e le eruzioni mi ricoprono la pelle, non trovo, nel muro degli anni, l’entrata, non trovo più il portone dal quale mi hai adescato a uscire per portarmi con te, seguendo il richiamo della carne, nel giro intorno al mondo della passione, dal quale sono ritornato svuotato, stanco e solo.

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i riti sono questo

Il maestro visitò il grande tempio del fondatore della dinastia e fece domande su tutto. Qualcuno commento: chi dice che questo è un esperto in materia di riti? Mentre visitava il grande tempio ha chiesto spiegazioni su tutto. Quando lo venne a sapere, i maestro disse: i riti sono questo, per l’appunto.

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un animale cerimoniale

Nessun fenomeno infatti è in sé particolarmente misterioso, ma ciascuno lo può diventare per noi, e ciò che contraddistingue lo spirito umano al suo risveglio è appunto che per esso un fenomeno diviene significante. Si potrebbe quasi dire che l’uomo è un animale cerimoniale.

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le discrepanze

Le divisioni, le discrepanze tra atteggiamenti emotivamente e simpateticamente in sintonia con il passato e abitudini che sono costrette a esistere a causa della necessità di affrontare le condizioni attuali sono una causa principale della persistente professione di devozione alla democrazia da parte di coloro che, giorno dopo giorno, non pensano né agiscono in accordo con le esigenze morali di questa professione. […] Ciò che minaccia gravemente la nostra democrazia non è l’esistenza di Stati totalitari stranieri. È l’esistenza, nelle nostre attitudini personali e nelle nostre istituzioni, di condizioni simili a quelle che hanno concesso una vittoria all’autorità esterna, alla disciplina, all’uniformità, alla sottomissione al Capo.

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un inetto

Fino a tanto che il lavoro meccanico corre liscio, cioè senza attrito tra uomo e macchina; fino a tanto che il lavoratore «convertito» funziona come una «rotella», perfettamente allineato, l’io non è «in sé», anzi non è afftto, a ogni modo non in veste di io. Soltanto nel momento in cui il conformismo lascia a desiderare, o il lavoro all’improvviso ha cattivo esito, l’io torna «in sé», soltanto allora si trova di fronte a se stesso: e precisamente come qualche cosa di scadaloso: come un inetto.

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il mondo ha sofferto

Una classe di esperti è inevitabilmente così distante dagli interessi comuni che diventa una classe con interessi privati e una conoscenza privata, il che, in ambito sociale, non è afatto una conoscenza. […] Qualsiasi governo degli esperti in cui le masse non hanno l’opportunità di informare gli esperti sulle loro esigenze non può essere altro che un’oligarchia gestita a beneficio di pochi. […] Il mondo ha sofferto di più per colpa dei leader e delle autorità che a causa delle masse.

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cominciò tutto con un numero sbagliato

Cominciò tutto con un numero sbagliato, tre squilli di telefono nel cuore della notte e la voce dell’apparecchio che chiedeva di qualcuno che non era lui. Molto tempo dopo, quando fu in grado di pensare a ciò che gli era accaduto, avrebbe concluso che nulla era reale tranne il caso. Ma questo fu molto tempo dopo. All’inizio, non c’erano che il fatto e le sue conseguenze. La questione non è se si sarebbero potuti sviluppare altrimenti o se invece tutto fosse già stabilito a partire dalla prima parola detta dallo sconosciuto. La questione è la storia in sé: che abbia significato o meno, non spetta alla storia spiegarlo.

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