e’ rest

perché

Il messaggio che voglio trasmettervi è questo: fingete di avere un libero arbitrio. Pur sapendo che non è così, è fondamentale che continuiate ad agire come se le vostre decisioni avessero un peso. Non è la realtà a essere importante, quanto piuttosto ciò che si crede e credere a una menzogna è l’unico modo di sfuggire al coma vigile. A questo punto la civiltà dipende dall’illusione Forse, anzi, è sempre stato così.
Eppure, visto che il libero arbitrio è un’illusione, chi sprofonderà nel mutismo acinetico e chi invece non lo farà è già scritto. È tutto predeterminato, non ci si può fare niente. Nessuno può scegliere l’effetto che gli farà l’Oracolo, alcuni di voi soccomberanno e altri no, e avervi inviato questo avvertimento non altererà una simile proporzione. Dunque, perché mai l’ho fatto?
Perché non avevo scelta.

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un duello continuo

Come tutti i veri artisti Filippo Scòzzari è un mondo, e come tale è costretto a farci periodicamente i conti, col “mondo”, in un duello continuo fatto di insofferenza, fastidio, scherno, furore: ma, sorprendentemente, anche di pietas e di assoluzione.

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l’indizio

La scrittura romanzesca deve, anzi, vuole fare i conti con una miriade di dettagli, spesso apparentemente superflui. Gli storici e i giornalisti vanno al sodo, sicuri di conoscere in anticipo quale sia il nocciolo di ogni questione. Da qualche secolo, invece, quella particolare stirpe di scrittori chiamati romanzieri sembra perdersi in una pletora di particolari di poco o nessun conto, quasi che si trattasse di dedicare ininterrottamente la massima attenzione a qualunque cosa; come se il mondo fosse una sconfinata scena del crimine, e ogni resoconto dovesse assomigliare a un romanzo poliziesco d’altri tempi, in cui l’indizio per scoprire l’assassino può nascondersi nella descrizione di un barometro appoggiato sul caminetto, o in una tabacchiera menzionata di sfuggita; aghi in pagliai di minutaglie.

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ambivalente

Ma è proprio questo il mio obbietivo: far sì che il lettore si chieda se quel che sta leggendo è, almeno in parte inventato. Nelle mie intenzioni, questo dovrebbe risultare non ambiguo ma ambivalente: nel senso letterale del termine, qualcosa che “vale doppio”, che “vale in entrambi i sensi”. Infatti in questa vicenda ciò che è successo conta quanto ciò che si immagina sia successo.

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l’oscurità non si dirada

L’oscurità non si dirada, anzi si fa più fitta al pensiero di quanto poco riusciamo a trattenere, di quante cose cadano incessantemente nell’oblio con ogni vita cancellata, di come il mondo si svuoti per così dire da solo, dal momento che le storie, legate a innumerevoli luoghi e oggetti di per sé incapaci di ricordo, non vengono udite, annotate o raccontante ad altri da nessuno.

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addirittura esasperate

Fra gli artisti e gli intellettuali mi trovavo non meno a disagio che nella vita borghese, e stringere un’amiciza personale già da lungo tempo era un’impresa superiore alle mie forze. Appena conoscevo qualcuno, subito pensavo di essermi consentito un’eccessiva confidenza; appena qualcuno si rivolgeva a me, io cominciavo a prenderne le distanze. Se in generale qualcosa mi legava ancora agli uomini, erano in definitiva soltanto certe forme di cortesia, da me addirittura esasperate, il cui fine — come oggi so, disse Austerlitz — era non l’omaggio all’interlocutore del momento, ma la possibilità di sottrarmi alla consapevolezza di essere sempre vissuto — per quanto indietro riuscissi a risalire con il pensiero — in uno stato di assoluta disperazione.

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una nebbia impenetrabile

A voler considerare la lingua come una vecchia città con il suo intrico di vicoli e piazze, con quartieri dalla genesi remota, con rioni demoliti, risanati e di nuova costruzione, e con sobborghi che sempre più si estendono all’intorno, io potevo paragonarmi a un uomo che, dopo una lunga assenza, non si ritrova più in tale agglomerato, non sa più a cosa serva una fermata né cosa siano un cortile, un incrocio, un boulevard o un ponte. L’intera articolazione della lingua, l’ordine sintattico delle singole parti, la punteggiatura, le congiunzion e infne persino i nomi degli oggetti comuni, tutto era avvolto in una nebbia impenetrabile.

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per esempio

Se fosse venuto qualcuno per condurmi al patibolo, gli avrei lasciato fare di me ciò che voleva senza proferir parola, senza aprire gli occhi, al pari di chi, in preda a forte mal di mare, per esempio durante una traversata del Caspio in piroscafo, non opporrebbe esistenza alcuna qualora gli dicessero che stanno per gettarlo in acqua.

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in quale mare

Il tempo — così disse Austerlitz nell’Osservatorio di Greenwich — è, fra tutte le nostre invenzioni, senz’altro la più artificiosa e, nel suo essere vincolata ai pianeti che ruotano intorno al proprio asse, non meno arbitraria di quanto lo sarebbe ad esempio un calcolo basato sulla crescita degli alberi o sul periodo impiegato da una pietra calcarea per disgregarsi, a prescindere poi dal fatto che il giorno solare, in base al quale ci regoliamo, non fornisce una misura esatta, sicché noi, anche al fine di calcolare il tempo, siamo stati costretti a escogitare un immaginario sole medio, la cui velocità di rotazione non cambia e che, nella sua orbita, non è incinato verso l’equatore. Se Newton riteneva, disse Austerlitz — e intanto indicava attraverso la finestra l’ansa del fiume che, luccicante nell’ultimo riverbero del giorno, abbracciava la cosiddetta Isola dei cani —, se davvero Newton riteneva che il tempo fosse un fume come il Tamigi, dov’è allora la sorgente del tempo e in quale mare esso sfocia alla fine?

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