Esercizi di stile: obsoleto, ampolloso

Giunsi al mio gabinetto in velocipede, auscultando il divo Pavarotti. Il gelo mi feriva il viso e gli arti superiori.
Non appena mi liberai della mantella e del copricapo, il mio superiore mi convocò. Si produsse in un eloquio arzigogolato che non mi condusse in nessun luogo. Concluse con la sibillina espressione “veda ordunque qual cosa potrebbe ordire”.
Compresi soltanto dipoi quale sarebbe stato il compito a me affibbiato. L’analisi del software (quale affare bislacco non vi sia altro verbo per definire quale fosse questo documento), questo si desiderava dalla mia persona, come se foss’io il demiurgo dell’ultimo acquisto del mio ufficio.
A questi mi rivolsi dunque, al progenitore della tanto decantata applicazione, la quale rimembra in me il pensiero di un impacco o di un’apposizione (lontani i tempi in cui i vocaboli, i motti, avevano un significato univoco e non ammorbato da altri idiomi, dal nostro così distanti). Il progenitore evocai e fu proprio costui a soddisfare le mie brame. Provvide a consegnarmi il documento a me e da me richiesto.
Mi occupai io stesso, infine, di far approdare l’agognato documento allo scrittoio del mio superiore. Gli elogi non mancarono, facendo appunto anche della mia celerità.

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