Esercizi di stile: distopico

Pedalo con il vento artificiale che mi spinge in una sola direzione: quella del lavoro. Nelle orecchie va in loop un pezzo dei Laibach senza che io possa cambiarlo o saperne il nome.
Mi siedo nel mio cubicolo, lo schermo e le cuffie da lavoro già incorporate, come me decine, centinaia e forse migliaia di fianco, sopra e sotto di me. Nelle cuffie suona subito la voce del mio capo, che compare anche nello schermo sostituendo il codice che stavo scrivendo. Mi fa tutto un discorso vago e vagamente minaccioso su un’applicazione software arrivata da una misteriosa ditta del regime, poi mi dice “agisci”.
Qualche minuto dopo, ottengo il documento elettronico richiesto da un dipendente di cui leggerò il necrologio pochi giorni dopo. Pare tutto regolare e spero che lo sia quando lo inoltro al capo reparto. Non ottengo alcuna risposta.

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