In questi giorni, per un motivo o per l’altro, ho riguardato le prime due puntate di Neon Genesis Evangelion e mi sono ricordato di uno dei (tanti) momenti perturbanti di questa serie-anime (la migliore di tutti i tempi, a scanso di equivoci), uno di quei momenti di smarrimento che poi ricorderò come bellissimi, come l’alba di una nuova era della (mia) mente.
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film
Berlinale 69
Un po’ in ritardo, qualche impressione di una Berlinale non troppo seguita e sentita, almeno da me.
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It’s not funny
L’uomo che uccise Don Quixote è ovviamente Adam Driver, ma d’altronde lo si capisce dai titoli di testa. Ma soprattutto è un bel film, Terry Gilliam al 100%. Voluto e riuscito.
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Orwell vs La casa di papel
Sono un po’ OT, ma guardando La casa di papel (ebbene sì) mi viene in mente continuamente Omaggio alla Catalogna di Orwell (appena finito*: Orwell saggista/cronista > Orwell romanziere, ma si sapeva già), il quale avrebbe commentato “queste cose possono succedere solo in Spagna”.
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I Love You, Drama
Vedendo I Love You, Daddy viene in mente molto Allen (bianco e nero, New York, la musica, ricchi con problemi, protagonista inetto, persino una battuta sugli ebrei) ma è un film di Louis CK in tutto e per tutto: col suo pudore, le sue insicurezze, il suo acume. Il film è bello, con anche una virgola nel titolo, ma non è (solo) per questo che bisognerebbe vederlo.
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Berlinale 68 #3
Berlinale 68 – parte 3
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Berlinale 68 #2
Berlinale 68 – parte 2
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Berlinale 68 #1
Berlinale 68 – parte 1
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catalogare/archiviare/ricordare
Colpito da un flusso di informazioni costanti, alla ricerca di nuovi canali percettivi per poterne assorbire ancora di più, mi trovo spesso a dimenticare ciò che mi passa sotto gli occhi, nelle orecchie, per qualche millesimo di secondi fra le sinapsi del cervello. Nel disperato tentativo di dare senso a quelle brevi scariche elettriche (ammesso che sia possibile), ho bisogno di ricordare, archiviare, catalogare, per potere poi costruire nuovi ponti/mondi/connessioni neurali.
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Lynchiano
Per me, la decostruzione, come avviene nei film di Lynch, di questa «ironia del banale» ha influenzato il modo in cui vedo e strutturo il mondo. Dal 1986 ho notato che un buon 65% della gente che vedi al capolinea degli autobus in città fra mezzanotte e le sei del mattino tende ad avere i requisiti tipici delle figure lynchiane — vistosamente brutta, infiacchita, grottesca, carica di un’afflizione del tutto sproporzionata alle circostanze visibili. oppure: tutti abbiamo visto le facce delle persone assumere espressioni improvvise e grottesche — ad es., come quando ricevono notizie traumatizzanti, o danno un morso a qualcosa che si rivela disgustoso, o quando girano intorno ai bambini piccoli e gli fanno le facce strane senza nessun motivo — ma ho stabilito che un’espressione facciale improvvisa e grottesca non può essere definita veramente lynchiana se non nel caso in cui l’espressione sia mantenuta per qualche momento in più di quanto le circostanze potrebbero mai giustificare, sia tenuta semplicemente lì, fissa e grottesca, finché non comincia a significare circa diciassette cose diverse allo stesso tempo.