Letture della settimana

Appunti e letture della settimana.

Nuova Storia e Gloria della Dinastia dei Paperi – Sisti e Sciarrone 2017
L’idea mi faceva un po’ storcere il naso, ma andando al di là della lesa maestà, questa è una bella space opera, paperi o meno, con un meccanismo collaudato ma funzionante. I disegni in digitale di Sciarrone mai così adatti (a parte qualche cosetta, ma ok) e finalmente si recupera uno spirito di novità e libertà che mi mancava dai tempi di PK, ma senza per questo essere l’ennesimo revival/remake (ok in un certo senso sì, ma in realtà no) come i tristi seguiti di PK su Topolino, appunto.

Scene di vita coniugale – Ingmar Bergman 1974
Come al solito, Bergman non parla (solo) di vita coniugale o di un possibile rapporto moglie-marito, ma dei rapporti in generale fra esseri umani, della loro capacità di comunicare, della loro possibilità di esistere. Critica-non critica spesso rivolta a Bergman, sembra un testo teatrale. Non vedo il problema. Il problema è leggerlo mentre si va al lavoro, perché viene voglia di tornare indietro (dove, chissà).

Lynch: il ridicolo sublime – Slavoj Žižek 2011
A prescindere dal fatto che la traduzione italiana contiene esattamente la metà dei capitoli della versione originale (perché??) e che la versione inglese si trova alla modica cifra di 799€ (e quindi non credo che finirò mai questo mini-saggio), è interessante recuperare la lettura di Žižek di Lost Highways di Lynch.
In realtà il discorso è più completo/complesso, Žižek si dilunga anche sul neo-noir, dove i personaggi in generale e la femme fatale in particolare conoscono già e non nascondono il proprio ruolo (“Perché ti comporti come se fossi solo una fredda puttana calcolatrice, quando in realtà sei solo una fredda puttana calcolatrice?”). Ci sono però anche commenti di alcune scene importanti e collegamenti con altri film di Lynch e non solo (il parallelo calzante ma inaspettato con Pasto Nudo di Cronenberg).
Ma la parte più interessante è quando si riferisce alla grigia realtà quotidiana e alla dimensione fantasmatica che la sorregge, dimensioni che in Lynch sono traslate dal verticale all’orizzontale, poste una di fianco all’altra (e qui non può non venirmi in mente Twin Peaks, anche/soprattutto l’ultima stagione). Punto cruciale:

Strade perdute non attraversa l’universo fantasmatico del noi tramite una critica sociale diretta, cioè rappresentando la grigia realtà sociale dietro a esso, ma mettendo apertamente in scena i suoi fantasmi, senza un’elaborazione secondaria che ne corregga le incoerenze. La conclusione è che la realtà, l’esperienza della sua densità, non è sorretta da un determinato fantasma, ma da una serie incoerente di fantasmi, ed è questa moltitudine che genera l’effetto di densità impenetrabile, percepito da noi come realtà.

Non saprò mai cosa c’era nei capitoli mancanti, ma mi faccio bastare questa riflessione, in qualche modo coerente e conclusiva, anche nel suo essere monca.

Ho anche letto due raccontini e un radiodramma di Tiziano Scarpa trovati online, mi segno il nome.